Appena 38 beni sono stati assegnati sugli oltre 300 confiscati in Emilia-Romagna. È il frutto di una ricerca che abbiamo condotto all'interno del laboratorio di Data Journalism dell'Università di Bologna. Un team di 15 studenti, sei settimane di ricerche, decine di email inviate alle amministrazioni comunali per richiedere informazioni sui beni (spessissimo senza avere risposta), analisi dei dati incrociate tra le tabelle di ConfiscatiBene (aggiornate al 31 dicembre 2015), le notizie di cronaca riportate online, i siti dei Comuni e delle associazioni. Lo scenario dunque sul riuso sociale dei beni confiscati è purtroppo tutt'altro che confortante anche lungo la Via Emilia, a vent'anni esatti dall'approvazione della legge che lo prevede come azione principale da compiere nei casi di patrimoni sottratti alla criminalità. Il grafico sottostante mostra la situazione aggiornata al 10 maggio 2016: il riuso dei beni è un miraggio anche qui.
Nel corso del laboratorio abbiamo inviato richieste di accesso ai dati a quasi tutte le amministrazioni municipali dei comuni nei quali risultano essere presenti dei beni confiscati. Riportiamo qui in tabella gli esiti delle richieste: com'è abbastanza chiaro, nella grande maggioranza dei casi non ci è pervenuta risposta. La legge sull'Amministrazione trasparente (dlgs 33/2013) obbliga invece i Comuni e le amministrazioni pubbliche in generale a fornire ai cittadini entro 30 giorni dall richiesta informazioni su alcune tipologie di beni, tra i quali il patrimonio immobiliare (e quindi i beni confiscati). La nostra attività di sollecitazione è volta a misurare l'impatto e la reale (in)applicazione di questa legge.
Di seguito invece la mappa dei beni confiscati in Emilia-Romagna, con dati dell'Agenzia dei beni confiscati, aggiornati al 31 dicembre 2015.
Nella provincia di Bologna sono stati confiscati 70 beni alle associazioni mafiose. Tra i comuni interessati troviamo: San Lazzaro di Savena (2), Granarolo dell’Emilia (1), Bentivoglio (5), Gaggio Montano (2), San Giorgio di Piano (1), Pianoro (12), Argelato (3), Calderara di Reno (2), Anzola dell’Emilia (1), Borgo Tossignano (2), Crevalcore (2), San Pietro in Casale (6), Imola (3), Malalbergo (3), Bologna (23). Diverse inchieste hanno portato alla confisca dei beni, come AEMILIA che è la più recente ed è quella che ha portato un numero maggiore di confische. Dei 70 beni confiscati, solo 3 sono stati assegnati per il riutilizzo sociale. A Bologna, in via San Vitale, un appartamento confiscato a un esponente della criminalità organizzata è stato assegnato dal Comune all’associazione “Casa per la donna”. A Pianoro, da una villa confiscata, il comune ha avviato un progetto di demolizione per far posto a un parco pubblico per bambini. A Gaggio Montano, una villa confiscata è diventata la sede dell’associazione “Gaggio è un miraggio” che promuove eventi di vario genere. Sono stati contattati, per ricevere ulteriori informazioni in merito, i comuni di Bologna, Pianoro, Calderara di Reno, Anzola dell’Emilia. Da questi comuni, però, non abbiamo ottenuto informazioni ulteriori sui beni confiscati e assegnati.
Sul territorio della provincia di Ferrara sono presenti 35 beni confiscati, suddivisi tra i comuni di Portomaggiore (3 beni confiscati), Argenta (5 beni confiscati), Poggio Renatico (2 beni confiscati), Sant’Agostino (4 beni confiscati), Cento (12 beni confiscati), Comacchio (3 beni confiscati) e Ferrara (6 beni confiscati). Tra i beni sopracitati, riscontriamo una villa con parco e piscina, tre edifici con decine di appartamenti e abitazioni in centro a Ferrara, confiscati ad un imprenditore ferrarese che ha condanne per bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, turbata libertà degli incanti, falso in atto pubblico e calunnia. Inoltre vi sono 16 i beni, tra cui 14 immobili e 2 aziende, appartenute alla criminalità organizzata. Nella provincia vi sono 8 beni assegnati tra cui 2 ad Argenta (assegnati al comune) 2 a Comacchio (assegnati al comune) e 4 a Ferrara (assegnati al comune e ai carabinieri).
Di 40 immobili confiscati nell’ intera provincia di Forlì - Cesena, solo 6 risultano riassegnati per finalità sociali. Dalla mappatura del portale Confiscatibene, aggiornata al 31 dicembre 2015, sono 6 i comuni coinvolti. In particolare 8 sono i beni confiscati nel Comune di Cesena, 2 a Cesenatico, Forlìmpopoli e San Mauro Pascoli, segue Gatteo con 1, ma la città capofila, con il maggior numero di beni confiscati alla criminalità, è Forlì, che conta 25 beni tra fabbricati industriali, abitazioni e immobili di altro tipo. E’ certo, però, che i dati sulla riassegnazione dei beni sono avvolti in una nebulosa dis-informativa. Dal sito del comune di Forlì, che però non ha risposto alle mail inviate, risultano solo 4 beni assegnati, tra cui i 6 ettari dell’ex podere Limonetti, in viale dell’Appenino, che da discarica di eternit è stata trasformata in orti sociali. Il recupero del podere- sequestrato per un giro di usura di vent’ anni fa, ancor prima dell’uragano Aemilia - è stato affidato alle cooperative sociali Co.For. Pol. ed Ecosphera. In via dell’Appenino 6 , invece, è stato assegnato un immobile al Circolo Ricreativo Endas Ludovico Marini, fino al 2017. Gli altri 2 beni sono usati per finalità istituzionali, secondo l'elenco stilato dal Comune. D’altra parte, secondo un elaborato dell'Osservatorio sulla Legalità del 2013,risulta che una parte dei capannoni "Ex Limonetti",di viale dell’Appennino 282, non è stata utilizzata. Diversa situazione a Cesena che conta un unico bene assegnato al Comune, degli 8 confiscati. Si tratta di una palazzina destinata ai servizi Sociali e utilizzata come alloggio sociale. Ancora nulla di concreto per quanto riguarda l’assegnazione dei beni confiscati di via Parri, appartenenti alla famiglia Ionetti, che – ci fa sapere il comune- sono per ora nelle mani del Demanio. A San Mauro Pascoli, infine, i 2 beni confiscati sono utilizzati per fronteggiare l'emergenza abitativa, mentre secondo Cesenatoday, nel comune di Gatteo, è stato assegnato all’Arma dei Carabinieri. Ciò che emerge è che comuni spesso non sono a conoscenza del numero dei beni confiscati alla criminalità nel loro territorio. Alla difficoltà riscontrata nel trovare gli elenchi sul patrimonio immobiliare, che per il decreto 33/2013 dovrebbero pubblicare tutti gli enti pubblici, si aggiungono le mancate risposte dei comuni: meno della metà di quelli contatti hanno risposto al 10 maggio. Ci si chiede: i comuni non sanno o non vogliono sapere?
Risultano essere 35 i beni confiscati nella provincia di Modena (fonte: Gazzetta di Modena, suddivisi tra i comuni di Formigine, Maranello, Nonantola, Castelfranco Emilia e Modena stessa. Il comune con la maggior concentrazione di beni confiscati è Nonantola, con 17; il comune è stato contattato ma non sono state ricevute risposte riguardo eventuali riassegnazioni dei beni o possibili utilizzi futuri, eccezion fatta per un immobile in affidamento all’Arma dei Carabinieri, destinato a conversione in caserma. Segue Formigine con 6 beni confiscati, Maranello e Modena con 5 e infine Castelfranco Emilia con 2. Tutti questi comuni, a seguito della richiesta di informazioni sulla riassegnazione, hanno comunicato che ancora nessun bene è stato affidato loro in gestione. Interessanti risvolti per il comune di Sassuolo sono emersi dalle ultimissime operazioni della Guardia di Finanza di Modena che hanno portato al sequestro di un cospicuo numero di beni, ma non è ancora possibile avere informazioni e dati certi a riguardo. Gli articoli della Gazzetta di Modena presi in considerazione rimandano in blocco all’inchiesta Aemilia, attualmente in corso nella Regione.
I comuni che hanno beni confiscati nella provincia di Parma, secondo l'elenco disponibile su Confiscati Bene, sono quattro: la maggior parte sono a Berceto che ne possiede cinque, quattro a Langhirano, due a Salsomaggiore Terme e infine uno nella città di Parma. A Berceto, la villa del camorrista Vincenzo Busso confiscata dalle autorità per riciclaggio in attività immobiliari e i beni provenienti dal traffico di stupefacenti, a seguito di un accordo stipulato tra la Regione Emilia-Romagna e la cooperativa sociale Onlus Fantasia, diventerà un centro civico aperto a bambini e anziani. A Langhirano i quattro beni confiscati (due abitazioni in condominio, un'unità locale e un terreno agricolo) erano di proprietà di Giuseppe Cabassa, condannato per associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di sigarette. Le proprietà, grazie all'impegno di Libera e del Comune di Langhirano, attualmente sono utilizzate come abitazioni da destinare a persone sole o nuclei familiari in stato di difficoltà. A Salsomaggiore Terme sono stati sequestrati un’abitazione rurale, la stalla adiacente e un fabbricato accessorio agricolo. Il complesso edilizio è stato trasferito dall'Agenzia del Demanio al Comune di Salsomaggiore Terme il quale l'ha concesso in uso gratuito al Consorzio del Parco Fluviale Regionale dello Stirone per le proprie attività istituzionali, in particolare per: migliore organizzazione logistica degli uffici; svolgimento di iniziative didattiche e culturali; realizzazione di strutture per il recupero e la riabilitazione della fauna selvatica. Per quanto riguarda la città di Parma non sono state trovate notizie inerenti la confisca di un particolare bene. Sono state inviate e-mail ai suddetti comuni per avere ulteriori notizie sui beni confiscati assegnati nei vari territori e solo il comune di Salsomaggiore ha fornito esaurienti informazioni a riguardo.
Secondo quanto riportato da Confiscatibene.it in provincia di Piacenza ci sono un totale di 52 beni confiscati alla mafia, divisi per 4 comuni: 1 a Calendasco, 4 a Piacenza, 5 a Cortemaggiore e 42 ad Alseno. Grazie alla Divisione Antimafia della questura di Latina, con quella che è stata definita “Operazione Underwood”, è stato possibile confiscare alla famiglia Di Maio beni per un valore totale di 25 milioni di euro, parte dei quali sul territorio provinciale Piacentino, nel comune di Alseno. L’unica assegnazione documentata in Provincia è quella di un capannone nel comune di Calendasco, che verrà utilizzato come deposito mezzi del Comune, e una parte degli uffici presenti sarà destinata ad associazioni locali. Solamente il Comune di Calendasco ha risposto alla richiesta di informazioni in maniera completa ed esaustiva; il Comune di Piacenza comunica di aver indirizzato la richiesta agli uffici competenti. Da Cortemaggiore ed Alseno non è pervenuta alcuna risposta.
Sono 18 i beni confiscati in Provincia di Ravenna ed è il capoluogo a riportare il più alto numero di beni confiscati alla mafia. Ravenna si classifica infatti al primo posto con 14 beni requisiti. Di questi, solamente 2 sono stati riassegnati al Comune di Ravenna, che li ha destinati ad emergenza abitativa (tramite l’Azienda Casa Emilia-Romagna). Al secondo posto in Provincia si colloca Faenza con 2 beni confiscati. Entrambi i beni, un alloggio con annessa autorimessa, sono già stati riassegnati al Comune, destinati anch’essi ad emergenza abitativa. Altri due Comuni vedono all’interno del proprio territorio un bene confiscato: si tratta di Bagnacavallo e Cervia. A Cervia, il bene requisito è stato riassegnato, destinato a casa rifugio per donne vittime di violenza ed è attualmente in uso. A Bagnacavallo è presente un bene confiscato ma non risulta essere destinato. A seguito della richiesta di informazioni ai 4 Comuni coinvolti soltanto Faenza e Cervia hanno risposto riportando la situazione aggiornata.
In base alle ricerche effettuate sui beni confiscati nella provincia di Reggio Emilia risultano requisiti 21 beni, la maggior parte sono immobili. La ricerca si focalizza soprattutto sul comune di Brescello e Montecchio, dove i beni sequestrati sono rispettivamente diciotto e tre. I dati relativi alla ricerca partono dal 2013, in quanto fino a quella data non risultava nessun bene confiscato. Al centro delle inchieste risultano coinvolti i membri della famiglia Grande Aracri, considerati personaggi chiave dell’articolazione ‘ndraghetista attiva in Emilia Romagna, i quali sono stati implicati nell’inchiesta Aemilia. Dai dati analizzati non risulta nessun bene confiscato assegnato. Dalle ricerche aggiuntive è stato riscontrato il caso del maneggio abusivo a Cella (RE) appartenente all’imprenditore calabrese Pasquale Brescia. Attualmente la provincia ha proposto un bando per poter riutilizzare la proprietà. Per avere ulteriori informazioni sui beni assegnati sono stati contattati i comuni citati in precedenza, l’amministrazione trasparente e la provincia di Reggio Emilia. Su quattro enti solo la provincia di Reggio Emilia ha fornito una risposta, la quale ha confermato che non vi sono beni confiscati assegnati.
La provincia di Rimini è stata teatro negli ultimi anni di numerose operazioni delle forze dell'ordine contro le diverse tipologie di organizzazioni criminali. Al 31 dicembre 2015 nella provincia sono stati confiscati 26 beni di cui 12 nel comune di Rimini, 5 nel comune di Riccione, 2 nel comune di Cattolica, 2 nel comune di Misano Adriatico e 1 nel comune di Bellaria Igea Marina (dati Confiscatibene.it). Si tratta principalmente di appartamenti, attività quali ristoranti, alberghi, bar, un centro estetico, un negozio, garage, e parcheggi. Camorra e 'Ndrangheta sono state individuate come le maggiori associazioni ad operare sul territorio, assieme ad un esponente della mafia albanese. I principali indagati, già noti alle forze dell'ordine, sono la famiglia Lanna, Vincenzo Franco, Stefano Raccagni, Salvatore Castaldo, il commercialista Balducci, la famiglia Nuvoletta e Ardian Kazazi. Di tutti questi beni ne risultano assegnati in via definitiva 2, entrambi nel comune di Cattolica, alla guardia di finanza. L'assegnazione dei beni restanti è in via di definizione: molti aderiranno al progetto Housting-First, iniziativa proposta dalla provincia a sostegno dei senza fissa dimora, donne vittime di violenza, case della salute, e ostello della gioventù per soggetti svantaggiati. Su 5 enti pubblici contattati, solo il comune di Riccione ha protocollato la nostra richiesta all'ufficio preposto.
Raccolta articoli
Ricerche a cura di: Emanuele Londino e Ivan Montecalvo (Bologna), Serena Di Stefano e Marco Porcu (Ferrara), Alina Dambrosio Clementelli (Forlì-Cesena), Daniele Bacci e Federico Caroli (Modena), Giulia Stirpe (Parma), Luca Malfer (Piacenza), Damiano Giacometti e Gianluca Pontello (Ravenna), Marzia Benedetto e Daria Resetneac (Reggio Emilia), Sofia Mariani e Angelica Montanari (Rimini)
L'attività di ricerca è stata svolta durante il Laboratorio di Data Journalism dell'Università di Bologna e supervisionata da Andrea Nelson Mauro (dataninja.it). La ricerca ha carattere sperimentale ed ha previsto la raccolta e l'incrocio di dati da fonti ufficiali, contenuti informativi online, siti istituzionali delle amministrazioni coinvolte.
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